Preci
Preci, da una splendida posizione, a 596 m s.l.m. estende il proprio territorio comunale prevalentemente sulla Valle Castoriana.
La Valle collega la Forca di Ancarano a Ponte Chiusita, ed è caratterizzata dalla presenza di una miriade di piccoli centri dove sorgono splendide chiese ricchissime di opere d’arte. La sua morfologia aspra, è mitigata da una rigogliosa vegetazione arborea, arbustiva ed erbacea, anche se alcune specie ora sono scomparse, come la canapa che era coltivata in piccoli appezzamenti detti “canapine”.
In passato abbondavano anche le erbe medicinali, le cui proprietà curative furono note ai monaci orientali, che vissero in eremitaggio nella Valle, e successivamente ai Benedettini. Tutta la zona è ricca di acque e molte sono le sorgenti a regime carsico che sgorgano copiose da imponenti formazioni di roccia calcarea.
Fin dal passato, la Valle Castoriana, è stata interessata da un intenso esodo rurale, in conseguenza del quale, è diventata definitiva la tradizionale emigrazione stagionale verso Firenze e le città costiere toscane, dove gli emigrati erano impegnati in lavoro di facchinaggio e verso Roma, dove invece praticavano l’arte della “norcineria”, intesa non come lavorazione della carne suina, secondo il significato odierno, ma anche del passato, come attività chirurgica di litotomia e di oculistica.
La popolazione attuale, costituita prevalentemente da anziani, ha facilitato il permanere degli usi e delle tradizioni. La Valle Castoriana, che secondo alcuni trae nome dal culto pagano degli dei Castore e Polluce, e secondo altri da Castorius, ricco possidente della zona, è denominata “Vallis Campli” da Gregorio Magno, ma è conosciuta anche come Valle di Sant’Eutizio dalla omonima abbazia del cui feudo faceva parte Borgo Preci. Si sviluppa ai piedi dell’abitato di Preci, lungo il Campiano, dove, in amena posizione, poco distante, sorge la chiesa della Madonna della Peschiera, edificata nel 1600 non lontano dai luoghi dove esisteva un antico oratorio benedettino. Adiacente alla chiesa una sorgente alimenta delle vasche che fin dal XVII secolo vennero adibite all’allevamento delle trote.
Il Borgo, nei secoli passati, disposto lungo la strada che risale il Campiano, aveva la funzione di centro commerciale per il Castello di Preci e per gli altri villaggi della valle. In prossimità di Borgo Preci, lungo la Valle del Campiano é possibile leggere le testimonianze della presenza di un mulino, costituito da una stalla, una stanza dove avveniva la macina, completa di ogni macchinario necessario e un piccolo cortile. Accanto al mulino è presente una mulattiera che collegava il Borgo al castello.
Abeto
Sorge sul fianco di un colle, a 970 m. di altitudine sul luogo dove, tra il X e XI secolo, venne edificato un castello di impianto triangolare, che costituisce il nucleo più antico di questo insediamento. Il nome del paese deriva, molto probabilmente, dall’abete bianco presente nell’antichità in queste zone. Fino alla metà del XIII secolo, Abeto era uno dei luoghi dipendenti dall’ Abbazia di S. Eutizio.
Abeto venne gravemente danneggiato dal terremoto del 1328, e completamente distrutto da quello del 1703. Gli abitanti di Abeto, e Todiano, emigrarono per molte generazioni verso la Toscana, ove esercitavano prevalentemente la funzione di addetti alla dogana. L’emigrazione, per lo più a carattere stagionale, impegnava gli abitanti durante i mesi invernali, nella tradizionale macellazione della carne suina, ed era a Firenze che loro portavano “il loro mestiere”. I “norcini”, oltre ad essere esperti nella lavorazione delle carni, compivano spesso operazioni di bassa chirurgia sui pazienti, sostituendosi ai medici cerusici. Ad essi si rivolgevano i ceti più poveri che non potevano affrontare le spese di un intervento ad opera di un medico specializzato. Dal punto di vista naturalistico, l’area è ricca di reperti fossili, che testimoniano la presenza dell’uomo della preistoria.
Il Paese si contraddistingue dalle altre frazioni, per la presenza di numerosi palazzi neoclassici che lo rendono unico. All’entrata dell’abitato, in piazza Cesqui, nel 1884 vi è stata eretta una bella fontana, con tre figure zoomorfe, che conferisce al paese un tono elegante e signorile.
Nell’abitato si trova la chiesa parrocchiale dedicata al Santo più popolare dell’alto medioevo: San Martino. La chiesa, fondata nel X secolo, conserva al suo interno una tempera su tavola del pittore Neri di Bicci, fiorentino del sec XV; nell’opera è rappresentata la Vergine collocata al centro con un coro di angeli che lascia cadere la neve sul collo Esquilino, il 5 di agosto. Nella chiesa di Santa Maria si conservava fino a qualche tempo fa un pregevole frammento di polittico, di scuola toscana del ‘400, raffigurante una Madonna con Bambino, alla quale la popolazione è molto devota. Entrambe le opere sono oggi custodite nel Museo Diocesano di Spoleto.
Acquaro
Compreso nel perimetro del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, tra i villaggi della Guaita di S. Eutizio, Acquaro è il più vicino e il più visibile dall’Abbazia, oltre che anticamente il più adatto, per struttura e posizione, ad essere fortificato.
Oggi è stato quasi completamente restaurato (grazie ad un Piano Integrato di Recupero ad iniziativa pubblica), pur ospitando, nei mesi invernali, cinque soli abitanti.
Al suo interno è in fase di ristrutturazione la chiesa della Madonna, mentre a poche centinaia di metri dall’abitato è in stato di forte degrado la graziosa chiesa di campagna dedicata alla Madonna del Carmine, lungo un suggestivo e comodo sentiero che da questa frazione si diparte per arrivare, dopo circa 13 km, fino a Norcia, percorrendo longitudinalmente a mezza costa tutta la straordinaria vallata del Campiano e lambendo alcune tra le sue più importanti emergenze architettoniche di Campi e di Ancarano, tra i quali l’eremo della Madonna della Croce, la Chiesa di S. Salvatore, la Chiesa della Madonna Bianca.
Belforte
Belforte, frazione del comune di Preci posto a m 617 s.l.m., ubicato sopra un colle e addossato al fianco della montagna, si presentava con la struttura tipica del castello di sommità, costituito da una cinta di edifici a schiera adibiti generalmente a stalla. Sona ancora oggi riconoscibili i caratteri originari di borgo fortificato, che domina da una posizione quasi inaccessibile la Valle del Nera.
Il castello conserva ancora i caratteri originali, ma è attualmente molto degradato. La storia di Belforte è stata infatti fortemente condizionata dal ripetersi degli eventi sismici, fino alla completa distruzione dopo il terremoto del ’97. A differenza delle altre frazioni del Comune, Belforte si trova in alta Valnerina, sul versante occidentale del Nera.
Sull’altro lato sorge il lebbrosario di S. Lazzaro in Valloncello, le cui origini risalgono al 1218, data in cui un certo Razzardo di Roccapazza donò una vasta area di terra, parte coltivata e parte a pascolo, per erigervi una chiesa ed un ospedale per i lebbrosi, riservandosi il diritto di pascolarvi il suo bestiame.
La tradizione locale vuole invece lo stesso S. Francesco quale fondatore del lazzaretto.
Collescille
Posto sulle pendici del Monte Morricone , Collescille rappresenta la frazione della Guaita di S. Eutizio dall’altimetria maggiore (944 m.l.m), per questo può vantare insuperabili punti di osservazione del paesaggio della Valle del Campiano e delle sue valli affluenti: Valcastoriana, Valle Oblita e Valle di Todiano. Per la sua posizione era il paese che meglio svolgeva il ruolo di protezione dell’Abbazia di S. Eutizio al quale era destinata la robusta torre di avvistamento a base quadrata posta a monte dell’abitato, ancora integra nonostante gli evidenti segni del tempo. In un manoscritto del 1650 (F.Ciucci, Istorie, c. 253r) è stata rinvenuta una significativa descrizione di questo villaggio, che veniva chiamato “Toccalomò”: giace in un precipitoso, ed aspro Monte, fortificato da spaventose sbalze, e grossi macigni di vivaci pietre circondato dall’oscure selve, … Baricentricamente nell’abitato la chiesa di S. Maria Assunta è stata appena riaperta al culto dopo un profondo e completo restauro, interessante anche la bella statua lignea policroma della Madonna seduta con bambino, opera del monastero di Macereto (seconda metà del XV secolo), che si festeggia tradizionalmente la prima domenica di Giugno.
Collazzoni
Al bivio delle strade per Montebufo e per Forsivo, ad un’altezza di m. 868 s.l.m. è situato Collazzoni.
L’ abitato di tipo rurale si sviluppa lungo la strada ed è circondato da altre piccole Ville come Civitelle, Villa del Guado e Villa Campanara denominate, negli statuti di Norcia, “Ville Interprata”.
Nella parte centrale del paese emergono numerosi edifici di carattere gentilizio. In epoca antica Collazzoni fu abbastanza popolato tanto che nella prima metà del 1700 contava 200 anime e sette chiese, tre delle quali situate all’interno del castello, le altre quattro rurali.
La Chiesa parrocchiale S. Giuliana aveva un’antica porta, una torre campanaria con tre campane e sette altari. In essa erano istituite le confraternite del SS. Sacramento e del SS. Rosario.
La chiesa della Beata M. Vergine, detta S. Maria delle Grazie era piccola, con un’unica porta d’ingresso ed un unico altare. Tre delle Chiese situate fuori dall’abitato erano intitolate alla Beata Maria Vergine ed erano dette rispettivamente: Madonna dello Scandolaro, Madonna della Fonte e la Cona di Fussano; la quarta Chiesa era intitolata a S. Rocco.
Attualmente risultano inagibili a causa del terremoto del 1997 oppure abbandonate.
Castelvecchio
In considerazione del toponimo e soprattutto per la posizione dominante sia la Valle del Nera che quella del Campiano possiamo dedurne la sua originaria natura di castello.
Nell’abitato molto compatto si conservano tre chiese, la più importante anche per le sue antiche origini è quella di San Giovanni Battista. Esisteva già nel 1253, anche se nel corso dei secoli a causa di profondi rimaneggiamenti ha perso quasi del tutto ogni elemento originario. All’interno si ammira una tavola raffigurante una Madonna in trono con i Santi. Il dipinto del 1589 è attribuito ad Antonio Carocci, artista nursino molto apprezzato nel corso della sua attività.
Altra pregevole opera conservata nella chiesa è una statua lignea che rappresenta S. Anna. Venne eseguita nella prima metà del ‘400 da un artista Umbro condizionato dagli influssi della scultura veneta. L’unica testimonianza delle origini antiche rilevabile nella chiesa è un bel capitello gotico scolpito nell’anno 1434. Tra le suppellettili liturgiche spicca un pregevolissimo calice in argento del 1600.
Non lontano dal paese, in una suggestiva posizione, sorge la chiesetta della Cona, così chiamata perché nel passato custodiva un’icona raffigurante la Madonna. La chiesa è conosciuta anche come “Madonna dello posatoro” per la vicina antica fonte che offriva ristoro ai coloni della zona. il 10 maggio vi si celebrano solenni funzioni religiose, alle quali partecipano i fedeli di Corone, Castelvecchio e Saccovescio, ossia l’intera comunità di Monte San Martino.
Corone
La villa rurale di Corone (m 495 s.l.m.) sorge all’incrocio del vecchio sentiero proveniente da Castelvecchio e di quello che scendendo dalla montagna di Preci , passa per S. Vito.
Ha svolto funzione di borgo commerciale e di transito rispetto agli insediamenti fortificati arroccati alle sue spalle. A questa funzione era anche legata la presenza di un operoso mulino alimentato dalle acque del fiume Campiano tutt’ora presente e attivo, in parte utilizzato per la produzione di energia pulita. Le abitazioni sono disposte lunga una strada principale intersecata da ripidi vicoli e scalini.
Attiva e particolarmente animata è l’estate a Corone, dove la Pro Loco propone un calendario fitto di eventi e manifestazioni che richiamano sempre numerose persone. Le attività coinvolgono tutte le generazioni dai più piccoli, dilettanti nei giochi di abilità, ai più anziani che si contendono il cesto gastronomico giocando a carte. Fortunata e ricca di premi anche la Lotteria.
Fiano d’Abeto
Posto a m. 900 slm, costeggiato dalla strada che ricalca un antico percorso montano fra Preci e Norcia, è un insediamento di modeste dimensioni con carattere di “villa”, accentuato dalla disposizione irregolare degli edifici dei due nuclei di cui si compone: Fiano di Sopra, e Fiano di Sotto.
Fiano di Sotto si trova su una particolare posizione favorevole per l’agricoltura che, dalle origini fino ad oggi , ha costituito l’unico regime economico del centro.
Tipiche le due torri “Colombare” e le strutture a capanna dette “trasanne”, addossate alle abitazioni, sostenute da pilastri circolari in muratura e destinate a rimessa degli attrezzi agricoli.
In questa località, lungo la strada per Norcia, di fronte all’abitato di Fiano, è stato scavato nella roccia un interessante gruppo di tombe rupestri, con cella sepolcrale quadrangolare. Inoltre, sono pervenuti resti di ossi lavorati e decorazioni di letti funebri, risalenti a 2000 mila anni fa. Attualmente, sono conservati nel Museo Diocesano di Spoleto.
Frazione del comune di Preci, sorge su di un poggio a m. 901 s.l.m. Fu il castello più importante della Valle Oblita, la quale comprendeva inoltre alcuni piccoli insediamenti denominati Villa del Guado, Villa Campanara e Civitelle, e antichi castelli quali Montebufo, Collazioni, Poggio di Croce, e Roccanolfi.
Di origini molto antiche, si chiamava “Mons Lunae”, e vi trovavano rifugio gli abitanti dell’antico castello di Roccapazza , ormai divenuto rifugio di banditi e per questo sempre minacciato di distruzione.
Del primitivo sistema difensivo resta solo la porta di accesso, oggi ridotta al solo arco ogivale , ed un piccolo tratto di mura. Per il resto il centro ha le caratteristiche di un villaggio rurale, che ha il suo fulcro nella piazza principale, dove sorge la chiesa parrocchiale di Santa Maria.
Il terremoto del 14 gennaio 1703 distrusse quasi completamente il paese e causò il crollo parziale della chiesa suddetta.
Poco lontano dal centro abitato, all’ingresso della Valle Oblita , troviamo la Madonna della Icona, ma la chiesa più antica, è quella di S. Stefano, con pavimento in pietra e tetto in mattoni, un’unica porta e una piccola campana, con un unico altare sul quale è collocato un dipinto su tavola con l’immagine della Madonna e di S. Stefano.
Montaglioni
Frazione del comune di Preci, sorge su di un poggio a m. 901 s.l.m. Fu il castello più importante della Valle Oblita, la quale comprendeva inoltre alcuni piccoli insediamenti denominati Villa del Guado, Villa Campanara e Civitelle, e antichi castelli quali Montebufo, Collazioni, Poggio di Croce, e Roccanolfi.
Di origini molto antiche, si chiamava “Mons Lunae”, e vi trovavano rifugio gli abitanti dell’antico castello di Roccapazza , ormai divenuto rifugio di banditi e per questo sempre minacciato di distruzione.
Del primitivo sistema difensivo resta solo la porta di accesso, oggi ridotta al solo arco ogivale , ed un piccolo tratto di mura. Per il resto il centro ha le caratteristiche di un villaggio rurale, che ha il suo fulcro nella piazza principale, dove sorge la chiesa parrocchiale di Santa Maria.
Il terremoto del 14 gennaio 1703 distrusse quasi completamente il paese e causò il crollo parziale della chiesa suddetta.
Poco lontano dal centro abitato, all’ingresso della Valle Oblita , troviamo la Madonna della Icona, ma la chiesa più antica, è quella di S. Stefano, con pavimento in pietra e tetto in mattoni, un’unica porta e una piccola campana, con un unico altare sul quale è collocato un dipinto su tavola con l’immagine della Madonna e di S. Stefano.
Montebufo
Nella Valle Oblita, a m 1016 s.l.m. si trova la località di Montebufo.
Il nome deriva probabilmente da “bufa”, per indicare le frequenti tormente di neve che straziavano il territorio e i sui abitanti.
L’insediamento presenta oggi le caratteristiche tipiche degli insediamenti rurali per il suo sviluppo lineare lungo la strada, la sua posizione ai margini di un vasto altopiano, e la generosa natura che lo cinge.
Pur non presentando segni di fortificazione, come mura di cinta e torri che possano lasciar pensare che in passato vi sorgesse un centro fortificato, gia nel XIV secolo, Montebufo viene inserito tra i Castelli del Distretto di Norcia che presentavano il “pallio” per la festa di San Benedetto.
La sommità del piccolo abitato è sovrastata dalla chiesa di S. Leonardo , patrono del paese. La facciata della chiesa parrocchiale mostra due eleganti portali quattrocenteschi, l’interno si presenta a due navate con volte a crociera che si sviluppano da una colonna centrale. Le pareti laterali sono arricchite da diversi altari in stile barocco.
Poco distante dall’abitato, risalendo la montagna, si arriva alla piccola chiesa di S. Maria della Neve, che insieme alla chiesa parrocchiale, sono le due chiese, tuttora presenti nonostante gli eventi sismici che si sono ripetuti nei secoli.
Piedivalle
E’ situato lungo la strada che risale il Campiano alla confluenza di un importantissimo itinerario, che nel passato, attraversando la montagna, conduceva a Visso.
Piedivalle, come gli altri piccoli centri della Valcastoriana, Acquaro e Valle, considerando la loro strettissima vicinanza all’Abbazia di Sant’Eutizio, sorsero inizialmente per accogliere gli abitanti delle campagne che al tempo delle invasioni vollero mettersi sotto la protezione diretta dei monaci eutiziani.La piccola chiesa, del villaggio è dedicata a S. Giovanni Battista. Il portale risale al 1535 ed all’interno troviamo degli interessanti affreschi votivi attribuibili ad alcuni pittori locali.
Programma integrato per le aree terremotate – Piedivalle (Pdf, 104Kb)
Poggio di Croce
L’abitato, una volta ben fortificato sorge in una splendida posizione che anticamente dominava la strada che da Triponzo conduceva alla Valle Oblita ed alla Val Castoriana. Dell’antico castello, nella parte più alta, resta un’antica porta ogivale con soprastante campanile a vela di avvistamento. Di fronte, fuori dalle mura, troviamo la chiesa parrocchiale dedicata a S. Egidio. Sulla facciata, protetti da uno slanciato portico si possono ammirare i resti di affreschi del XV secolo di scuola marchigiana. All’interno, sull’altare maggiore è collocata una pregevole tela seicentesca del fiorentino Jacopo Confortini (1640), raffigurante una Madonna con Bambino tra due Santi.
Scendendo verso il borgo si raggiunge la chiesa dell’Annunziata, probabilmente di origini trecentesche, che custodisce un’Annunciazione del fiorentino Giovanni del Biondo. E’ certamente l’opera pittorica più importante di tutto il territorio. Nel misticismo che traspare dalla tavola eseguita a Firenze attorno al 1370 si avvertono i primi segni di quel rinnovamento che nel secolo successivo, con l’abbandono dei canoni pittorici tardo – giotteschi, avrà nel Masaccio uno dei primi fautori.
Altre due chiese, scendendo, sono quella del Santissimo Crocifisso, nella quale restano lievi tracce di un affresco dedicato a S. Lucia e l’altra della Madonna della Quercia (XIII secolo) chiesetta rupestre sita un po’ distante dall’abitato, testimone di un’antica estensione del borgo, almeno un chilometro più a nord.
La Pro Loco del paese organizza annualmente manifestazioni estive di grande richiamo prediligendo comunque il mantenimento di alcune tradizioni, come la Festa annuale del Patrono S. Egidio (1° settembre), e la grande Festa del SS. Crocifisso (ogni 3 anni, la domenica dopo Ferragosto).
Tra i primi medici della scuola chirurgica di Preci di cui si hanno notizie documentate va ricordato il Maestro Berardo di Cambio di Poggio di Croce attivo nel 1384.
Roccanolfi
Antichissimo castello probabilmente di origine longobarda. L’insediamento sorge sul pendio di un colle a dominio delle vie che risalivano all’interno della Valle Oblita. L’abitato molto compatto conserva ancora inalterate le originarie caratteristiche medievali. Dell’antico castello restano evidenti segni, come la torre quadrata che imponente s’erge sul villaggio ed i resti di una porta delle antiche mura.
Diversi architravi delle porte delle abitazioni riportano scolpite sulla pietra delle date ed il monogramma di Cristo JHS. A testimonianza delle sue antiche origini, la chiesa di Sant’Andrea conserva l’abside romanico ed una monofora dell’epoca. Nella chiesa era custodito un polittico quattrocentesco forse di Scuola Toscana con l’immagine di Sant’Andrea, ora purtroppo scomparso per furto. In una nicchia si conserva un affresco raffigurante una Madonna con Bambino del XVI secolo.
Non distante da Roccanolfi e precisamente nel luogo dove la strada si divide per raggiungere Montaglioni e Poggio di Croce, troviamo la chiesetta dedicata alla Madonna della Cona. L’edificio dai caratteri tipicamente rinascimentali venne costruita nel 1568 sulle fondamenta di una chiesa presistente. All’interno si conserva una piccola tavola raffigurante una Madonna con Bambino. L’opera, completamente ridipinta, lascia intravedere nei volti i lineamenti tipici dei dipinti toscani del XIV secolo.
Saccovescio
La frazione è sita lunga la strada che conduce a Visso, all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini.
I locali della comunanza agraria conservano un antico cippo romano di particolare pregio, una piccola ara funeraria in travertino bianco che vede rappresentato in bassorilievo un satirocon flauto a doppia canna, tra leggiadre danzatrici coperte da veli.
Poco distante troviamo la chiesa trecentesca dedicata a S. Spes, il fondatore della vita eremitica e monastica prima di S.Benedetto. E’ caratterizzata dal pavimento a mattoni, il tetto a volta, un portone frontale ed uno laterale, due altari, un antico frammento romano incastonato nella parete raffigura un grifo alato abbellito da elementi floreali.
La chiesa sita all’interno del paese è dedicata ai SS. Pietro e Spes, appena discosta dal paese la piccola chiesa S. Maria della Neve costituita da una unica navata ed un solo altare.
Todiano
Fu un antico castello costruito nel XIII secolo sullo sperone di un colle. L’abitato, molto compatto si sviluppa in parte, lungo uno scosceso pendio ed è attraversato da stradine disposte su vari livelli collegate tra loro da ripide e strette scalinate.
Le abitazioni ben mantenute conservano spesso eleganti elementi architettonici di varie epoche. Del castello l’elemento più interessante che resta, è l’antica porta a doppio fornice attraverso la quale era possibile accedere entro le possenti mura che in alcuni tratti raggiungevano lo spessore di oltre due metri.
Nei pressi troviamo la cappella della Madonna della Porta; venne edificata nel 1511 ed all’interno si conserva una statua di Madonna con Bambino degli inizi del XVI secolo. L’opera ben riuscita è uno dei tanti esempi lasciati in molte delle chiese degli artigiani abruzzesi che si erano formati nel XV secolo nelle botteghe del Gagliardelli e di Silvestro dell’Aquila.
La chiesa parrocchiale di San Bartolomeo, d’origine trecentesca, custodisce una delle opere più significative dell’intera zona: la Madonna della Mercede attribuita a Filippino Lippi. L’opera sino ai tempi recenti era custodita nella chiesa del Patrono San Montano. La tavola dallo sfondo dorato raffigura una stupenda Madonna che allatta il Bambino tra San Montano e San Bartolomeo. Le figure dalle linee particolarmente armoniose si avvicinano di molto agli schemi di un’altra vergine col Bambino eseguita dall’artista nel 1483 e conservata oggi nella Galleria Nazionale di Londra.
Nella stessa chiesa troviamo anche l’unica opera firmata dal pittore di Abeto, Simone Procacci, che la eseguì nel 1618 raffigurante l’Incoronazione di Maria. Altra opera seicentesca è la tela del Martirio di San Bartolomeo del fiorentino Jacopo Confortini. Non distante dall’abitato, adiacente al cimitero, troviamo la chiesetta di Santa Maria, fu un’antichissima Pieve. La facciata è sormontata da un piccolo campanile a vela, ed il portale riporta in una iscrizione l’anno 1280, probabilmente l’anno nel quale venne restaurata per assumere l’aspetto odierno. All’interno troviamo un affresco della Madonna del latte degli inizi del 1300, che purtroppo presenta notevoli danni.
Nei pressi del Castello sorge la chiesa dedicata al Patrono San Montano. La chiesa di origini trecentesche venne ampliata con l’aggiunta di una seconda navata come avvenne per San Salvatore in Campi e per la chiesa parrocchiale di Montebufo.
S. Vito
Valle
Località
S. Lazzaro in Valloncello
Di fronte il Castello di Belforte, deserto e in rovina, sulla destra, si apre una stretta valle, che ebbe il nome il “Valloncello”.
Questa valle, solcata da un rivo d’acqua, si insinua tra i monti , serrata da alte e scoscese pareti, fino a cessare tra le aspre rocce dove si forma una cascata, detta “lu Cuniuntu”.
Dove il Valloncello si allarga alla Valle del Nera, la tradizione locale vuole che San Francesco abbia eretto “una casa” ove trovassero accoglienza quanti erano stati colpiti dalla lebbra, lasciando così all’umanità un messaggio di speranza e di vita, diretto a quelle persone che rimaste infette, erano costrette ad allontanarsi dalla società.
Il lebbrosario, che comprendeva la chiesa e l’ospedale, fin dagli inizi venne affidato alle cure dei primi francescani e più volte lo stesso “Poverello di Assisi” vi si recò per far visita.
Da una pergamena dell’Archivio comunale di Norcia del 1342 si ricavano alcune notizie in merito all’ospedale. I ricoverati avevano la possibilità di vivere con le famiglie: l’unica limitazione imposta ai lebbrosi era quella di non poter più lasciare il lazzaretto.
Si ritiene che l’ubicazione del lebbrosario sia in rapporto con l’isolamento naturale del luogo e con la presenza delle acque sulfuree.